Lo ripeto spesso, specie ultimamente: mi sono stufato, anzi non ho mai apprezzato le mode specie in cucina, soprattutto quando si tratta di seguire pedissequamente quanto propone uno che viene identificato come un guru, un maestro e una marea di pseudo-discepoli si lancia poi a scimmiottare piatti e invenzioni che spesso lasciano perplessi. E vai di guancia brasata, animelle, pesce e carne nella stessa ricetta, terra di funghi, polvere di mare, aria di primavera - o aira fritta? - sfilata sempre più imponente di amuse-bouche che all’ultimo boccone ti aspetti il dessert, brodini serviti dalla teiera per completare il piatto in sala e così via, aspettando qualche altra diavoleria da scopiazzare e proporre come il non plus ultra della cucina creativa, innovativa, ma sempre, mi raccomando, con le radici profondamente ancorate nella tradizione. A volte mi chiedo di quale tradizione parlino. Forse non la nostra.
Basta con le lamentele - un po’ lo devo fare per giustificare il nome del blog e, critico lo sono dentro, quindi mi viene facile - e viriamo sull’ottimismo. In questi ultimi mesi sono stato in due locali, di quelli che possiamo definire storici, evergreen, senza tempo, le locande di una volta che vestito l’abito da festa, ammodernata la sala da pranzo e mantenuto rigorosamente il timone sul patrimonio piemontese, sono una sicurezza, una soddisfazione che riscalda il cuore perché ti confermano che di cuochi che sanno cucinare ne ce sono ancora. Ho scritto una ovvietà? Ma assolutamente no. Oggi tutti assemblano ingredienti, aggiungono fiorellini con le pinze da filatelista, del brodino ne ho già parlato su e poi magari ci abbinano, anzi fanno il pairing, perché abbinare è troppo italiano, cocktail, tisane e altre facezie. L’ambaradan per obnubilare pseudo-gastronomi e ispettori di guide che non guidano è servito! La mise en place del vacuo domina.
Torniamo ai due indirizzi che ho visitato e che mi hanno colpito positivamente. La sensazione di benessere, di solidità viene già dai titolari che accolgono col sorriso e quell’umiltà che credevi non esistesse più. Celestino è nel cuore di Piobesi Torinese, la classica trattoria di una volta con le camere di ordinanza; Sergio Leggero con la moglie Daniela e i figli Federica e Lorenzo portano avanti una tradizione di famiglia che nasce nel 1904. Gli uomini in cucina e le signore al servizio. La Rosa Bianca è appena defilata dal centro di Chieri, sulla strada che porta ad Andezeno e poi a Castelnuovo Don Bosco; Lorenzo Bechis è lo chef patron, coadiuvato con destrezza da Ylenia, origini Moldave, cuore culinario ormai nostrano.
In questa stagione in entrambi i ristoranti è il trionfo di carpioni (uova, zucchine e milanese), funghi fritti che si aggiungono alle battute di Fassone, l’insalata russa, agnolotti, risotti e tutto il nostro repertorio sapientemente interpretato. Le cantine hanno il nostro accento e il mio cuore batte forte. Un tuffo nel passato, nel presente, nel futuro perché questa filosofia di piatti non sparirà mai ed è quella che cerca il cliente, non i voli pindarici, i laboratori di sperimentazione dove assaggi e spesso rimani perplesso. Viva le pietanze - un termine desueto, che non si usa più, neanche questo - gustose, dai sapori franchi che se chiudi gli occhi ti riportano indietro il tempo. Viva i Leggero, i Bechis e tanti altri che, per fortuna, sono custodi del nostro DNA gastronomico!
Nelle prossime settimane su www.gazzettatorino.it e sul cartaceo di Cronache dell’Agricoltura ci saranno le recensioni più dettagliate di Celestino e della Rosa Bianca. Ovviamente e sicuramente anche su questo blog!
Amanti della superficialità gastronomica: astenersi dal leggere!
Hotel Ristorante Celestino
Corso Italia,10 - Piobesi Torinese (To)
Tel: +39 011 9650343| +39 0119657034
https://www.hotelristorantecelestino.it/ - hotelristorantecelestino.it
La Rosa Bianca
Via Andezeno, 2 - Chieri (To)
Tel: +39 347 074 6616
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