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Parla il territorio

Immagine del redattore: alessandro felisalessandro felis

Avevo incontrato Vanina Carta, alcuni anni fa, a un evento sui vitigni autoctoni e avevo apprezzato i suoi vini, precedentemente assaggiati a Casa Pellico, nell’intimo ristorante dei coniugi Roberto a Saluzzo. Poche parole e la promessa, non mantenuta per molto tempo, di passare in azienda a scoprire il mondo che, insieme al marito Michele Antonio Fino, ha costruito, in un luogo che non può lasciare indifferenti.

 

Siamo in una zona prettamente agricola, di coltivazioni frutticole intensive, “gioia e dolore” come lascia intuire Vanina, perché la vigna qui, pur presente da sempre, è quasi ospite, sotto il profilo economico. In questi terreni, il Monviso incombe, a proteggere quanto cresce sotto la sua maestosità ma nel contempo a incutere un po’ di timore. Il gigante di pietra segna una zona a cavallo tra torinese e cuneese, tra frutta e industria, con la vigna che funge da legante perché tutti, da sempre, da queste parti hanno vinificato per i fabbisogni familiari e le uve, i vitigni diremmo oggi, erano spesso figlie, non sempre conosciute, del tempo e delle tradizioni secolari. Una viticoltura famigliare che alcuni, come Cascina Melognis, cercano di fare diventare attività. A dispetto della norma che vede il reddito ricavato dai frutteti.

 

Insieme a un gruppo di colleghi, anche amici, lunedì scorso lasciamo Torino per trascorrere alcune ore in territorio saluzzese che, a mio rincrescimento, conosco poco. Sin dall’accoglienza, dal primo impatto, si capisce che la visita sarà di quelle che ti segnano. Informale, un po’ timorosa, Vanina, invita a raggiungere la sala degustazione e, più o meno consapevolmente, imposta l’incontro sul filone di un gruppo di vecchie conoscenze chiamate a condividere l’essenza del frutto dell’impegno della sua famiglia. Il marito, come una meteora, ci saluta ma scappa per dedicarsi all’etichettatura. Come in ogni piccola cantina che si rispetti, i titolari sono i factotum e svolgono i vari impegni, imparando ad essere ovunque in ogni istante.

 

Il racconto inizia, si parte dal 2009 quando nasce l’azienda ma la storia risale ben più in là nel tempo. Gli appunti si fanno fitti, il passato rivive e si integra alla realtà. Uve autoctone e internazionali si intersecano ed esprimono l’anima di una terra dove la biodiversità è la quotidianità. Non una biodiversità di facciata, quella reale, concreta, nata da un’agricoltura di montagna dove filari di varietà diverse portavano una tavolozza di sapori e originavano vini, testimoni inequivocabili di un’identità unica e irriproducibile altrove. Chatus, Malvasia moscata e Pelaverga grossa sono il biglietto da visita dei coniugi Fino; Chasselas e Gouais blanc diventano, per me, una scoperta stupefacente. Avevo assaggiato lo Chasselas vinificato in Svizzera, nel Vallese e, in Francia, come uva da tavola. Chicche enologiche che impreziosiscono la produzione di Cascina Melognis. Basterebbe ricordare che queste due uve bianche sono franche di piede, cioè non innestate su vite americana e il Comitis, il vino bianco originato da questo assemblaggio, nasce da soli lieviti indigeni. Alcuni direbbero che giungiamo all’anima della vitivinicoltura, che le viti di piede franco, più longeve, danno uve uniche, riconoscibili da quelle innestate.  Aggiungiamo la vinificazione senza ricorso ai lieviti selezionati, ulteriore tassello per l’ottenimento di nettari che rispecchiano un terroir puro e crudo, con le sue peculiarità, il suo DNA, senza alcuna concessione alle mode.

 

La sequenza dei vini viene accompagnata da una proposta di salumi targati Brizio, senza conservanti, e di formaggi del caseificio Valform che compongono abbinamenti di altissimo livello sensoriale e di soddisfazione per noi ospiti, ormai affezionati sostenitori di Vanina e Michele.

 

Non voglio, appositamente, proporre né giudici tecnici né schede di valutazione dei tanti vini assaggiati, magari lo farò prossimamente. Non desidero rompere quell’incantesimo di alcune ore dedicate a scoprire un territorio attraverso la passione della titolare di questa nicchia di etichette non scontate e le degustazioni, come le amo io. Parlano i vini e non i termini, spesso astrusi, di chi troppe volte snatura il vino con tecnicismi sofisticati che non ti fanno percepire l’essenza stessa di quanto hanno creato clima, terreno e intervento antropico.

 

Si chiude con il Metodo Classico (Olim Atrum), 100% Pinot noir coltivato ad altitudini superiori ai 630 metri. Freschezza, eleganza e non dico altro, l’ho promesso, non voglio alterare la magia di una mattinata di puro piacere. E il percorso gastronomico si chiude con uno stratosferico panettone del panificatore milanese Davide Longoni. Non si abbina il dolce con un vino secco recitano i sacri canoni della sommellerie e lo ripeto quotidianamente. Ma quanto è buono questo lievitato natalizio con il blanc de noirs! Mica è una degustazione tecnica, è una riunione tra vecchi (e nuovi) amici, la scoperta di un mondo attraverso l’anima dei suoi prodotti e di coloro che hanno investito, anche la loro vita, per bandire la standardizzazione e la banalità.

 

Grazie Vanina e Michele! E grazie anche a Elena che ci ha coinvolti in questo tour emozionale.

 

 

Cascina Melognis

Via San Pietro, 10 - Borgata Mulino Cerrati - Revello (Cn)

Tel: +39 333 667 6235

 https://www.facebook.com/cascina.melognis/ - cascina.melognis@gmail.com




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