“Anno nuovo, vita nuova” e le tante amenità di rito in questi giorni suonano sempre più vuote. Oggi gli auguri si ricevono via w app e uno stupido video o qualche melense, insulsa, vuota, scontata, frase di circostanza viene inviata a tutta la lista dei contatti. Se questo è il futuro, non lo voglio, preferisco un semplice “Buon Natale” e “Felice Anno Nuovo” detto a voce, di persona o al telefono, solo alle persone care o con le quali vi è il piacere di farlo. Segno degli anni che passano e del non adeguarsi al mondo che evolve? Forse entrambe le cose. E poi tutto cambia, sì, ma sul fatto che sia evoluzione vi sarebbe molto da disquisire.
E per i gastronomi, gli amanti del buon bere e del buon mangiare dopo gli eccessi, le opulenze e le deviazioni che contraddistinguono le Festività Natalizie che avrebbero tanto da dire anche senza le abboffate pantagrueliche, questa volta l’Epifania non porta via tutto. Il vecchio adagio popolare non è corretto, infatti il 2018 sarà l’Anno del Cibo, così come deciso dai Ministeri delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e dei Beni Culturali e del Turismo.
Un’occasione irripetibile per promuovere le nostre tante eccellenze agroalimentari, nessun Paese ha tante denominazioni quante la penisola. Vini, formaggi, salumi, dolci, ortaggi, frutti e non solo che danno origine a ricette che il mondo ci invidia. Tante storie regionali che fanno l’unicità di una cucina nazionale tanto buona quanto variegata. Una tavolozza le cui infinite declinazioni non smettono di stupire e ammaliare.
I riflettori sul’italica tavola sono dedicati all’appena scomparso, nostro capocuoco per antonomasia, così come amava essere chiamato: Gualtiero Marchesi. Voglio credere, sperare e desiderare che insieme alla brigata di cucina, che sicuramente dirigerà lassù, possa anche salvaguardare il nostro cibo da adulterazioni, falsificazioni e tanti tentativi di imitazioni. Ma anche e soprattutto che possa, scrivere carte e menu dove il novel food (leggasi insetti a tavola) e altre deviazioni non entrino trai i piatti, nemmeno per errore. Dove reinterpretazioni, destrutturazioni e variazioni sul tema siano usate con molta parsimonia e le ricette vegetariane, vegane, crudiste, fruttariane e altre novità cultural-filosofiche-dietetiche di tendenza siano destinate solo a chi le richiede. Ah dimenticavo, vediamo anche di usare il meno possibile e con le dovute cautele i termini biologico, biodinamico e spiegare a fiotti di consumatori, ma questa è un’altra storia, che l’agricoltura sostenibile non passa solo attraverso queste tecniche.
Se Anno del Cibo deve essere che sia di quello sano, genuino, frutto di una agricoltura seria, tollerabile e convenzionale, anche con un uso ragionato e congruo dei fitofarmaci. Ne trarremo tutti vantaggio, dal produttore al consumatore. E allora, solo allora, potremo augurare “Felice 2018, Buon Anno del Cibo!”.