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Alessandro Felis

Baudelaire, poeta maledetto o maledetto poeta?


“Ognuno parla della mia arte e fa finta di capire, come se fosse necessario comprendere, quando è semplicemente necessario amare." Con questo incipit di Claude Monet, inizia l’aperitivo letterario al Turin Palace Hotel di Torino dedicato al principe dei poeti francesi, e non solo, a colui che è una pietra miliare, uno spartiacque, dell’universo poetico e che ha suscitato una vera rivoluzione di parole, versi, poemi, simboli, emozioni e confusioni. Una chiacchierata, accompagnata da golosi stuzzichini ispirati alla cucina francese, per sfatare molti luoghi comuni sull’autore. Provocatore, trasgressivo, incline al vizio e alla lussuria, sicuramente ma impossibile non riconoscergli genialità, creatività, immaginazione e apertura di spirito tanto dall’essere precursore del simbolismo e del surrealismo con un tocco di dandismo, parnassianismo senza scordare l’anima romantica e una formazione classica protesa ai tempi moderni. Un crogiuolo da cui emerge la sua arte poetica, unica e inconfondibile, così bella da affascinare chiunque si avvicini a quanto ha scritto, da emozionare qualsiasi animo sensibile. Le poesie lette in francese non possono non colpire, penetrare, ammaliare anche coloro che la lingua di Molière l’hanno appena sfiorata. Come avrebbe poi scritto Verlaine “de la musique avant toute chose,…”, musica anzitutto! E i versi diventato spartiti sui quali le parole/note compongono sinfonie, rapsodie o semplici sonate che rapiscono, ammaliano e portano a sfogliare “Les Fleurs du Mal” in cerca di altre magiche sensazioni. Un’ora e mezza sulle onde della seduzione, in viaggio – tema prediletto da Baudelaire – alla ricerca di se stessi e della emotività di un uomo lacerato che si confida al lettore, esponendo le sue angosce e cercando una via d’uscita dignitosa al suo vivere quotidiano tormentato. La scrittura, la sola scrittura è il suo unico mezzo d’evasione dal grigiore che lo attanaglia e l’opera che ci ha lasciato altro non è che il suo percorso alla ricerca della salvezza, fuori dai “miasmi putridi” della malinconia che aggiunge al vocabolario un lemma straniero dal voluto e ricercato accento esotico, spleen. Un sorbetto all’assenzio chiude la serata, aprendo i nostri sensi ad arcane sinestesie intorno alla “fata verde” e ad un mondo che fu, nel bene e nel male, incredibile, indicibile e inscindibile dall’ispirazione creativa dell’irrequieto ed eccentrico universo artistico del Novecento francese. Presto, altri appuntamenti con il nostro salotto, in orario preserale.

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