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  • Alessandro Felis

Il tempo del Silenzio


Il tempo del Silenzio


Vorrei essere un filosofo, un filologo o un linguista perché vorrei capire, approfondire, scrutare il significato di alcune parole e stati d’animo, specie in questi giorni, dove la situazione surreale e la parziale inattività – fisica, non mentale – lascia spazi a riflessioni, introspezioni e domande, tante domande. Desidererei, leggere e capire, inventare e risolvere - magari -, ma soprattutto imparare da quanto stiamo vivendo ma anche andare oltre. Oltre al mondo, ai fatti sanitari, di cronaca che ci accomunano tutti, che legano con un filo di sofferenza e di morte l’intera umanità, le nostre giornate sono piene di meditazioni, considerazioni, paure, speranze, a volte illusioni ma mai di vuoto, vacuità, assenza di tutto, anzi! Il Nulla, tanto temuto nella “Storia Infinita” non avanza e mai potrà sopraffarci.


Su tutto, su tutti, in ogni istante, giorno e notte, sempre incombe il Mostro, quello che non posso, non riesco a non accomunare alla Bestia dell’Apocalisse di Giovanni nella Bibbia (Ap, 13, 1-2).


«Aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi, e su ciascuna testa un titolo blasfemo. [...] era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande».


Quei dieci diademi non mi capacito, ma mi appaiano come una corona, la forma, l’identificazione di questo Male che colpisce, ferisce, miete terrore e uccide. Dopo, già da adesso mai potremo pronunciare o sentire parlare di sovrani, re o regine, imperatori del passato, tiranni o illuminati, del copricapo rappresentativo del loro status senza essere pervasi da un fremito, un brivido di terrore.


Ma soprattutto, quanto colpisce di queste settimane è il silenzio, quella sensazione che opprime perché innaturale. Quante volte abbiamo cercato l’assenza di rumore in luoghi lontani dagli agglomerati urbani, in campagna, in montagna, in paesi sperduti per riposarci, rinfrancarci, disintossicarci dalle città? Ma il silenzio di questi giorni non è quello naturale, è finto, falso, assordante nella sua crudeltà: è quello creato dal Mostro, quasi sempre perfetto, di notte poi non è rotto da nessuna intrusione percepibile all’orecchio. Solo lo trafigge, lo lacera, tremendamente l’ululare lugubre e continuo delle autoambulanze che traghettano, troppo spesso moderni Caronte, e ci ricordano che non tutto si è fermato, che l’epidemia prosegue, dilaga, rallenta, riprende anche se la sconfiggeremo e torneremo più forti di prima. E ci rammenta anche di coloro che lottano: vittime e combattenti, gloriosi soldati in prima linea e nelle retrovie, per annientare l’insidia invisibile.


Un silenzio pesante, che pervade, che non vorrei mai più sentire; che dovrebbe semmai essere accompagnato, e questo è il mio auspicio, la sorpresa che vorrei trovare nell’uovo di questa Pasqua, così strana, mai così sofferta seppur foriera di speranze, da quello di chi, anche in questo frangente parla a vanvera, senza sapere quel che dice, come dirlo, perché dirlo solo per il piacere di mettersi in vista, di fare sapere che c’è, senza capire, nemmeno quando tutto crolla, che tacere è d’uopo. Quanti danni fanno coloro che aprono la bocca senza collegare il cervello! Lo so che è sempre stato così - da sempre - e lo sarà anche in futuro; lo vedo nel mio settore, è così in tutti i campi, e si sopporta - male - ma non quando tutti dovremmo essere responsabili, compatti nel tacere e aspettare. Questo non lo concepisco. Perché parlare di cose più grandi di noi, che non conosciamo, che non avremmo mai voluto incontrare sul nostro cammino, che dobbiamo subire e combattere? Perché non compiere, mestamente e sensatamente, il nostro dovere di cittadini cui si chiede di non uscire di casa e fare attenzione? Perché dovere esternare e soprattutto pubblicare? Non voglio, non devo fare altre considerazioni. Mi sono imposto di non scrivere, di non programmare eventi fintanto che tutto non sarà finito. Non solo perché sappiamo poco, pochissimo sui nostri futuri mesi ma perché questo è il tempo del Silenzio. Non è né di buon gusto – ricchi premi alle persone che lo conoscono ancora – attirare i riflettori su di sé né l’ora; è momento di basso profilo, rispetto, costernazione, è opportuno non proferire parola. Non voglio, non sono frecce del mio arco, parlare di Quaresima, penitenza ma vorrei che lo facesse chi è deputato a parlarne e facesse scoprire - se ci sono - collegamenti con il tempo del sacrificio e la nostra attuale condizione di miseri mortali. Non posso comunque esimermi dal pensare al cammino dei Quaranta giorni precedenti la Pasqua, il Triduo Pasquale, anche qui torna il giorno del Silenzio. E poi quarantena, torna questo numero, si riprende a pensare, collegare, interpretare però mi raccomando senza aprire bocca, senza parlare, mestamente, è tempo di raccoglimento, di Silenzio.


Nel 2006, le Olimpiadi Invernali, l’Evento, quello con la E maiuscola che aveva trasformato Torino e rotto un po’ di quella corazza di diffidenza e riservatezza che riveste noi Sabaudi. La kermesse gioiosa, festante ha lasciato strascichi, positivi, avvertibili ancora oggi. Il Male che ci attanaglia in questa lugubre morsa porterà grandi cambiamenti, non solo negativi, alcuni percepibili già ora. Balconi che si animano, chiacchiere da ballatoio, nel rigoroso rispetto del distanziamento sociale, torinesi dei quartieri chic che pranzano accarezzati dal sole dei terrazzi, senza nascondersi, - questa è una rivoluzione -, persone – io compreso – che fanno ginnastica, camminano o corrono in casa, incuranti degli sguardi dei vicini. Piccoli segnali di normalità che se confermati dopo l’emergenza ci ricordano che dal Male spunta sempre il Bene, possono vedere schiudere i fiori anche dal brutto, dal dolore, dalla tristezza, come aveva così bene spiegato Baudelaire nella sua raccolta “Les Fleurs du Mal”. Imparare sempre, in qualsiasi circostanza, trarre lezioni ma soprattutto metterle in pratica. Dovessimo anche solamente fare qualche sorriso in più - oggi nascosto dalla mascherina – alle persone per la strada, sarebbe una grande vittoria. Dopo il distanziamento – che brutta parola -, l’avvicinamento personale.


Ho rotto anch’io il silenzio che mi ero autoimposto ma l’ho fatto solo per dare parola ai miei sentimenti, per sfogare questa frustrazione che nasce leggendo fake news, commenti, disquisizioni, esternazioni farneticanti, stolterie che nemmeno più si fanno nei Bar dello Sport, proposte che finché si limitano alla composizione della Nazionale o agli ingredienti di una ricetta possono fare sorridere ma non quando si tratta di Vita o di Morte. Questo è il tempo del Silenzio!

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