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Acquaro - Torino, con gusto!

Ho incontrato Claudio Lochiatto, più volte negli ultimi anni, in alcune delle cucine più blasonate di Torino. Sempre sorridente, educato, quasi sommesso, questo ragazzone di 34 anni, era un sicuro riferimento nelle brigate in cui operava. Da tempo sapevo del suo progetto di mettersi in proprio, di aprire un suo locale; un percorso corretto, al momento giusto, dopo 10 anni circa dal suo arrivo a Torino dalla natia Acquaro, in provincia di Vibo Valentia e il percorso nei ristoranti che vengono indicati come i riferimenti della città. Preferisco definirli con un termine desueto che oggi è abusato in mille declinazioni: gastronomici. Aborro fine dining e altri florilegi anglo sassoni e soprattutto non uso stellati che ha perso qualsiasi significato - specie perché non sempre lo sono - e che viene usato da tutti, specie da coloro che nemmeno conoscono il riferimento ai macaron della guida rossa transalpina.

 

Quando Claudio mi ha telefonato per annunciare l’imminente apertura, immaginavo di trovarlo in una bomboniera lussuosa dove offrire una cucina raffinata, modaiola, passe-partout come si usa oggi, spesso senza specifica identità. La realtà è ben diversa! Per fortuna!

 

Entro nel locale all’angolo tra le vie Saluzzo e Bidone, in San Salvario ma lontano dal cuore della movida e, prima bella sorpresa, trovo un posto caloroso: ambiente rustico, muri a vista, pavimenti dei primi decenni del secolo scorso e un profumo di casa, un calore di vissuto. Il cuoco ha fatto anche il muratore, il falegname, il factotum per approntare questo nido che vive di sostanza e di dettagli: i merletti dei nonni sui tavoli, il vasellame di ceramica della manifattura Pirri del carcere di Cosenza e gli ulivi bonsai. La Calabria tinge dei suoi tocchi delicati, veri, la vecchia dimora torinese e crea un rifugio per buongustai alla ricerca di genuinità, autenticità e un momento di relax con piatti di una volta. La breve carta, a prezzi molto corretti, si ispira alla regione della punta dello Stivale ma non solo e abbraccia anche la terra d’adozione dello chef, il nostro Piemonte, con vitello tonnato dalla cottura come la vorresti trovare sempre e acciughe al verde. Antipasti saporiti e convincenti con i fegatini o il baccalà mantecato che accompagnano i crostoni di polenta e, tra i primi, i buoni maccaruna cacio e pepe con pecorino e dai sapori decisi, come immagini la cucina meridionale, le imperdibili chicche di patata, ‘nduja e cozze. Piatti semplici, presi dai ricettari delle nonne, cotture essenziali e che rispettano le materie prime sulle qualità[i]delle quali Claudio non transige. Artigiani e piccoli produttori sono i suoi fornitori. Stringata e in cerca di coerenza, la carta dei vini approntata per iniziare l’avventura, con un decoroso Cirò che ha completato il viaggio a 1 200 Km da Torino.

 

Il servizio, orchestrato e svolto, da Marilena, Mary per tutti, è all’insegna di casa Lochiatto:  concreto, professionale, presente senza essere invadente e con quella simpatia che ti conquista. Che dire? La prima nuova esperienza del 2024 apre l’anno nel migliore dei modi. Una trattoria reale, piatti cucinati e non assemblati come avviene troppo spesso oggi, convivialità sin dall’accoglienza e poi sapori che con l’affermarsi dello chef, non potranno che affermarsi. Viva l’Italia del gusto, viva le sue declinazioni regionali, viva le contaminazioni culinarie e lunga a vita a Claudio che porta professionalità e concretezza a un settore che, negli ultimi anni, moltiplica le aperture, il pressapochismo e produce poche emozioni.

 

Tornerò presto per gustare fagioli e baccalà cotti nel coccio.  È Carnevale, come non fare il raffronto con la tofeja canavesana. E poi quanti hanno mai pensato alla parentela - ma questa è un’altra storia - della ‘nduja con il piemontesissimo contenitore di terra cotta e la nostra machera, per l’appunto Gian ‘d la duja? Meditate gente, meditate!


Credits: Andrea Di Bella

 

L’Uliveto

Via Saluzzo, 57 bis/c - Torino

Tel: +39 389 993 87 71





 

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