C’era una volta
- alessandro felis

- 17 set
- Tempo di lettura: 3 min
Così inizia la maggior parte delle favole, così si disegna il tempo dei ricordi quando viene rievocato o quando ti trovi a rivivere situazioni rimaste immutate nonostante gli anni che trascorrono. Il Quadretto non è un luogo o per lo meno è molto di più: è un’istituzione. Ne sentivo parlare già da ragazzo, come luogo per merende (pane e salame), pranzi semplici e ritrovo per gli abitanti del luogo. Vi ero passato alcune volte ma non mi ero mai fermato. Nei boschi di betulle, castagni e robinie, andando da Pettinengo a Callabiana, una piccola radura sulla destra, con un gruppetto di case e un comodo posteggio antistante sotto gli alberi. La posizione è quanto di più bucolico si possa immaginare. Ci sono andato due volte, ad agosto.
Le mie visite potrebbero sintetizzarsi così come ho iniziato questo pezzo: c’era una volta… Già, c’era una volta la trattoria, null’altro da aggiungere, da togliere, tutto è rimasto immutato negli anni. Immaginiamo un ritorno al passato, entrare in una trattoria degli anni 60/70, essenziale, senza fronzoli, il bancone del bar, la sala interna, i tavoli nella veranda dove abbiamo pranzato e, al pomeriggio, gli immancabili giocatori di carte con caffè, grappini e quartini di vino sfuso d’ordinanza. Qualche tavolo nel cortile e gli ombrelloni marchiati col nome di un famoso produttore di gelati. Kitsch? Assolutamente no, autentico, come deve essere il nostro tuffo negli anni dove il menu riportava: pastasciutta al burro e parmigiano, pastasciutta al pomodoro e poco importa che fossero penne o spaghetti, conchiglie o rigatoni. E di Gragnano o di trafilatura a bronzo manco si sapeva l’esistenza. Ci si sedeva per sfamarsi mica per disquisire di cibo. E si mangiava, oggi si chiede se la pasta è fatta in casa o se è del famoso pastaio, se i pomodori sono bio, se il pane è farina 1 e se il vino è biodinamico e se non è Docg o di qualche viticoltore fenomeno, non lo beviamo.
Tovagliette di carta sui tavoli, il menu scritto a mano, ça va sans dire e letto dal bloc notes da Giovanni, propone la cucina della compagna Manila che ha coinvolto tutta la famiglia nell’attività. La figlia Valeria col marito Omar e il fratello Gianfranco, semplicemente Franck per tutti.
Da due anni gestiscono questa parentesi d’antan dove, a seconda dei giorni, si gustano spezzatino con polenta, arrosto, prosciutto di Praga ma anche spaghetti di mare. Piacevole l’antipasto misto dove emerge un ottimo Sancarlin, specialità biellese di formaggio con aglio. Buoni i gelati, delizioso quello alla viola. Il vino bianco, diciamolo pure, un “frizzantino” come ci aspetta nel tempio del tempo che fu, piacevole e profumato. E i prezzi? Anche questi, rimasti ai tempi in cui le osterie, trattorie, ristori, bar, come questi erano la norma. Sui 20/25 euro per un menu completo, dove, anche qui, come si usava prima della gastro-moda, i contorni ci sono e si possono scegliere.
Piccolo appunto storico: Quadretto è anche il nome con cui viene denominata la borgata, dal 2017 sotto il comune di Pettinengo. Il 29 marzo 1944, ivi, venne stipulato il cosiddetto Contratto della montagna: un accordo siglato, sotto la protezione delle locali formazioni partigiane da una rappresentanza di industriali biellesi e una del movimento operaio. Nel contratto si riducevano le disparità salariali tra operai e impiegati dell'industria tessile e si normava in maniera pressoché egualitaria il rapporto lavorativo di uomini e donne. Nel 1974 sul muro esterno della trattoria è stata apposta una lapide a ricordo dell'avvenimento, per l’appunto: il Quadretto.
Oggi tutti parlano di confort zone, di ricordi che rassicurano, sicuramente qui ne abbiamo un bel esempio!
Quadretto
Via Case Sparse, 5 – Pettinengo (Bi)
Tel: +39 015 813 19 76




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