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I Porci Comodi di Nonno Materin

  • Immagine del redattore: alessandro felis
    alessandro felis
  • 13 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

Chi scrive di cibo e vino - food and wine li lascio alle nuove generazioni di comunicatori - è sempre più sollecitato a visitare, gustare, provare, incontrare ma, spesso, sempre più spesso ahimé, le aspettative vengono deluse e diventa difficile recensire. Mi fermo a riflettere e mi chiedo, perché parlare di un ristorante, di una cantina o di una bottega di prodotti quando non scatta la scintilla quando varchi la soglia del locale? Difficile trovare, oggi, vini cattivi, trattorie o ristoranti dove non si mangi decorosamente e produttori che non propongano qualità. E quindi, come si fa a scrivere, di uno piuttosto che di un altro, rimanendo credibili? L’ho detto tre righe più su, deve scattare la scintilla che può innescarsi in vari modi, da un prodotto decisamente superiore alla media o da una storia, una tradizione che diventa spessore, e non esito ad affermarlo, culturale. E, a volte, entrambe le cose si incrociano e vivi un momento bello da riportare, che non devi ponderare, inventare, perché la penna scorre da sola, anzi scusate, i tasti sulla tastiera si pigiano automaticamente, tanto vi è da raccontare e condividere. I luoghi che fanno la differenza e di cui conversare diventa obbligatorio.

 

Il salumificio Brizio rientra in questa categoria, un posto dove mentre visitavo i laboratori di produzione, già immaginavo il pezzo che sarebbe scaturito, perché, progressivamente, si delineava nella mia mente. Tutto inizia con Matteo Brizio, nonno Materìn, come viene ricordato da tutti, che nel 1939, qui, all’imbocco della Val Varaita, apre una bottega. Sono i primi passi di un percorso che incontrerà la Seconda Guerra Mondiale e cambiamenti epocali che hanno sconvolto tutto. Col denominatore comune del salame cotto, della saggezza contadina, i Brizio si confrontano col boom economico e al crescere dell’attività, le dimensioni, oggi, di piccolo stabilimento industriale non hanno mai cancellato l’artigianalità delle lavorazioni, nesso indispensabile con le radici e uno standard produttivo senza concessioni, senza tentazioni di derive verso un prodotto più commerciale all’aumentare dei numeri e l’ingresso nella GDO. Anzi, negli anni, arrivano il bollo CEE, le certificazioni ISO, e nel 2014, nasce la linea dei Porci Comodi. Geniale sin dal nome, un azzardo poco piemontese ma molto avanti in campo comunicativo, i salumi premium così brandizzati - mi è scappato un termine moderno -, fanno del benessere animale e dell'allevamento sostenibile, il punto cardine di una nuova visione aziendale. Tra i prati e i boschi del territorio nascono così gli allevamenti di suini liberi di muoversi, nel verde, respirando aria pura per dare carni straordinarie che si traducono in salumi unici.

 

L’eredità di nonno Materìn si ritrova nelle parole di Gianmario - tutto attaccato, mi raccomando - e dei cugini Marco ed Elisa, figli di Giovanni, che si dividono tra direzione commerciale, produzione e gestione allevamenti. Un gruppo giovane, affiatato che ha capito che l’arma vincente sta nel serbare le tradizioni ma con mentalità moderna e aperta. Così da un piccolo paese, all’ingresso di quella potrebbe sembrare una sperduta valle piemontese si producono salame cotto, crudo, pancetta, cotechini, salsiccia bovina, per un totale di una trentina di referenze che si ritrovano nei punti vendita della GDO nazionale o delle salumerie e gastronomie più esclusive per i Porci Comodi. Salame cotto e prosciutto cotto sono dei riferimenti in materia!


Brizio Salumi


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