La neve cade, lenta, umida e fitta, tanta voglia di stare a casa, al caldo, ma la serata è stata programmata da tempo e la visita allo Spazio 7 della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo non è procrastinabile. Per fortuna, perché l’esperienza che vivremo è di quelle che lasciano il segno.
Scontato dire che siamo in uno dei luoghi faro dell’arte, della cultura torinese - e non solo -, doveroso sottolineare che tante sono le anime che si fondono, completano senza confondersi e senza confondere i frequentatori che possono fruire di questo Spazio, a seconda delle esigenze, delle ore della giornata e, diciamolo pure, anche dell’età. Ristorante, caffetteria, bistrot e lounge bar, ma anche location per eventi, con il denominatore comune dell’attenzione all’accoglienza: sabauda ossia compassata, discreta ma sempre cortese, sorridente e professionale. Una sensazione che sussurra al cliente “tranquillo, sei in buone mani”. Tale percezione si confermerà in ogni istante nel corso delle ore vissute in quest’enclave di buon gusto.
Sette è il numero fortunato di Emilio Sandretto Re Rebaudengo, e così spieghiamo il nome che potrebbe riportarci ai Sette peccati capitali di cui l’unico cui potremo soccombere, in questa situazione, sicuri di essere perdonati, è quello di gola. Al pian terreno, la Caffetteria, progettata da Rudolf Stingel. Il tempo di in un Magna Nimis, piacevole, intrigante, drink aperitivo dai sentori di fico affumicato, con base di Aperol, brandy, ci coccola Elton Zeqiraj.
Saliamo al piano e l’ampia, elegante, importante, unica sala accoglie e lungi dall’intimorire affascina. L’opera “Senza Titolo” di Amedeo Martegani e i vasi multicromatici del biellese Alessandro Ciffo dominano l’ambiente. Rigore e genialità sono di casa, termini che ben presto trasferiamo alle portate che popolano il nostro tavolo in modo originale e studiato nei minimi dettagli, sin dai contenitori – tanti, diversi, singolari - e dalla disposizione sull’immacolata tovaglia. Il commensale diventa l’attore inconsapevole, complice o forse solo compiacente di una recita in cui brigata di cucina e sala sono gli attori protagonisti.
Il regista, il direttore d’orchestra? Alessandro Mecca, lo conosciamo da un po’ di anni. Figlio d’arte, guidato da una trascinante passione, il trentatreenne chef vanta già un notevole bagaglio di esperienza e, soprattutto, apprezziamo subito che ha smussato l’impetuosità giovanile e affinato la sua tecnica. In un museo, deputato a proporre opere di artisti, l’inserimento della cucina poteva infrangere equilibri, stonare, stridere, sembrare irriverente e fare storcere il naso ad alcuni. Archiviati questi timori, l’integrazione è perfetta e la cucina, altro non è che il prolungamento ideale di un’esposizione dinamica, in continua evoluzione dove i singoli ingredienti, come in una tavolozza, aspettano di essere combinati dal Maestro che gioca con colori, consistenze, cotture e abbinamenti, divertendosi e facendo divertire, senza mai provocare né tanto meno rischiare semmai stupire e colpire. Chapeau!
Al gioioso, variegato, vivace festival di amuse-bouche cui soccombiamo come trascinati da una giostra emotiva che ci coinvolge, segue un inaspettato ma convincente astice, radicchio e mortadella e una semplice, equilibrata, entusiasmante essenza del cavolfiore, variazione sul tema della Brassicacea. Salutista e golosa, difficile chiedere di più. Il carpaccio di vitella e sapidità di mare? Imperdibile, da ordinare assolutamente. Dal ventaglio di assaggi di dolci, tutti degni di nota, suggeriamo la spettacolare, nella sua apparente elementarità, granita di pera e l’éclair che strizza l’occhio al tiramisù.
Tre menu, a 50, 60 e 70 €, una bella carta dei vini e la convinzione che l’arte appaga, anche a tavola.
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Spazio 7
Via Modane, 20 – Torino
Tel: +39.011.37.97.626
info@ristorantespazio7.it
www.ristorantespazio7.it