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  • Alessandro Felis

Cambiocavallo: repertorio classico, piacere autentico.


Il centro di Asti mi affascina sempre anche se lo percorro sempre di fretta quando a settembre vengo a presentare i vini torinesi nel fascinoso Palazzo Ottolenghi, nell’ambito della Douja d’Or. Ogni anno, l’occasione è buona per scoprire qualche locale nuovo. Questa volta è ben diverso e il locale di destinazione è già programmato; si parte da Torino con il solo intento di raggiungere l’albergo che, poco distante dal Duomo, ospita la cucina di Pier Mario Monzeglio. Ci siamo conosciuti alla Cookin’ Factory di Claudia Fraschini, l’ultimo giorno del Salone del Gusto, per una degustazione di materie prime – cacao, caffè, farine vegetali, frutta disidratata – di Sao Tomé e Principe. L’evento aveva permesso di scoprire una mano sicura, sapori puliti e una non comune padronanza nell’accostamento degli ingredienti, anche di quelli meno scontati di provenienza equatoriale.


Bisogna assolutamente approfondire la conoscenza e la gita nella città di Alfieri è doverosa. Una bella dimora accoglie e, subito, ci si sente a casa. Iniziamo con le camere: moderne, funzionali ed eleganti, dimostrano l’attenzione e la cura che la proprietà riserva ai clienti.


Le due salette da pranzo, chiare e luminose, si discostano dallo stile circostante e traghettano la cucina di tradizione - che è il fulcro del pranzo - in un contesto attuale, à la page. Affiancato da Andrea, allevatore e macellaio di grande esperienza, lo chef accende il repertorio delle nostre campagne e ravviva i ricordi, troppo spesso smorzati da proposte creative dove i verbi stupire e stravolgere sostituiscono confortare e deliziare. Si inizia con un baccalà tiepido e lamelle di trifola in amuse bouche seguito dal festival del Fassone: battuta – anche senza condimento – ineccepibile, vitello tonnato comme il faut e crostino – perché dolce? – con burro, acciuga e tartufo bianco. Gli antipasti caldi ci ricordano che la nostra cucina era povera – trippa, filone, lumache, finanziera – e guardava anche al sottobosco con il croccante porcino fritto.


Come immaginare un percorso tra le colline monferrine che in questa stagione si tingono di giallo, rosso e ocra per il nostro piacere visivo, senza il piatto della convivialità? Fojot d’ordinanza, cardo, topinambour, peperoni, finocchi e il suggello, il diktat dell’ortodossia: l’uovo e la fettina di vitello da intingere e lasciare cuocere alla fine del rito. Inutile dirlo: bandita la panna e altre derivazioni distorte e sacrileghe, la bagna caoda è quella Doc, l’unica riconosciuta dai palati sabaudi pronti ad insorgere per difendere l’identità regionale!


L’intento di Fabrizio Della Rovere, direttore della struttura, è di farci percorrere la carta, toccando i pilastri della nostra storia. E così, si deve soccombere – mai violenza fu più dolce – al mitico gran bollito misto e sfidare la cabala che ruota intorno al 7 – tagli di carne, ammennicoli, salse – fermandoci ben prima ma promettendo di tornare per completare l’opera, mio malgrado, incompiuta. Il brodo di pollo si discosta dal rigore con la pasta che si arricchisce di cacao. Pane e focaccia ottimi, una bella selezione di vini che privilegia le cantine locali e una brigata di sala - Silvietta, Enrico e Gianluca - competente, cortese ed efficiente.


Il desiderio di tornare presto e tanta felicità! Dimenticavo, Pier Mario è bravo, simpatico, modesto e non è una prima donna: incredibile vero?

Hotel Castello

Ristorante Cambiocavallo

Via G. Testa, 47

Asti

Tel: +39. 0141. 35.10.94

info@hotelcastelloasti.com

www.hotlecastelloasti.com

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