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Alessandro Felis

Bolle, bollicine e bolle di sapone


Finisce l’anno, un altro anno finisce e nei prossimi giorni, nel mondo, saranno stappate milioni di bottiglie di vino, in maggioranza spumanti, come sempre. Ma questo era l’Anno del Cibo: come se da dieci anni – facciamo venti? - a questa parte non si fosse mai parlato di gusto, alimenti e bevande. Molti parlano di acculturamento – che brutta parola -, di maggior consapevolezza nel consumo – che illusione -, pochi vedono o vogliono capire che, ahimè, stiamo solo subendo l’ennesima moda, passeggera quindi e superficiale.

Ma torniamo ai brindisi che saranno il filo conduttore di aperitivi, cene, cenoni, banchetti, buffet e merende sinoire di cui saremo attori o vittime predestinate finché l’Epifania non spazzi via il tutto nell’attesa del prossimo incontro tra amici, parenti e colleghi con le bollicine ormai leader assolute dei momenti belli. Chissà che qualcuno, proprio perché era l’Anno del Cibo, abbia cercato di mettere un po’ d’ordine nel caos che regna assoluto quando si parla di questa categoria di vini? Difficile, quasi impossibile, decisamente sconcertante e sconfortante trovare qualcuno con le idee chiare in merito. Dagli istituti alberghieri ai ristoranti anche blasonati, passando da bar e osterie, domina la proposta del Prosecco, anzi il blasfemo prosecchino – il Consorzio di Tutela dovrebbe sanzionare chi usa questo diminutivo spregiativo - che ha praticamente sostituito il termine spumante confondendo una denominazione con una tipologia di vino.

E quelli che continuano a parlare di champenoise, rigorosamente ed erroneamente al femminile? Dal 1994, giustamente, tranne che in Champagne, regione viticola francese che battezza l’omonimo vino, si deve parlare di metodo classico o tradizionale e non più di champenois, mi ripeto ma non guasta, senza “e” finale. Sarebbe ora che coloro che operano nel settore fossero preparati per traferire qualche goccia di sapere, alcune pillole di conoscenza al grande pubblico. Non mi sembra difficile codificare il mondo degli spumanti, già perché solo questo è il nome corretto dei vini che subiscono una seconda fermentazione per creare l’effervescenza. Vogliamo addentrarci un attimo in questo mondo? La seconda fermentazione può avvenire in due modi: in autoclave – metodo Charmat che almeno in Piemonte dobbiamo rigorosamente chiamare Martinotti – o in bottiglia, il suddetto metodo classico. Prosecco, Asti Spumante e tanti altri vini appartengono alla prima categoria; Champagne, Franciacorta, Alta Langa, Trento Doc e non solo, alla seconda. Cerchiamo di individuare questa distinzione e avremo già fatto un primo fondamentale passo nelle cantine che producono inebrianti, festose e spensierate bollicine. Piccolo trucco per appassionati alle prime armi: in etichetta viene sempre riportato quando di tratta di metodo classico, se non vi è scritto nulla siamo sullo Charmat Martinotti. E poi, nel dubbio, ci aiuta anche il prezzo. Fino a 10 € per i primi, oltre, diciamo pure anche molto oltre, per i secondi.

E se vogliamo approfondire la tematica, libri e internet sono a disposizione per parlare di assemblaggi, millesimati, lieviti, liqueur d’expédition e presa di spuma, ma teniamo queste informazioni come prezioso bagaglio di crescita personale da condividire con cautela e modestia, l’errore è sempre in agguato e l’argomento vastissimo.

Un piccolo compito alla portata di tutti: nell’ abbinare dolci, panettone e pandoro in primis, scordiamoci gli spumanti brut – secchi tanto per intenderci -, da preferire in aperitivo o a tutto pasto con un menu adeguatamente studiato. Abbiamo gli spumanti dolci per accompagnare la tavolozza dei dessert, tanti sono piemontesi. E poi chiamiamo i vini con i loro nomi: difficile vero? Un piccolo trucco: basta, anche questa volta, leggere l’etichetta ed eviteremo così di proferire eresie enologiche. E d’ora in poi, quando vi proporranno del Prosecco, chiedete di vedere la bottiglia, e se sarà un altro spumante, ribellatevi e inveite, l’ignoranza va punita e arginata. A proposito, chapeau ai produttori del vino veneto, la loro denominazione ha saputo diventare riferimento, sostituire il nome generico così come Coca Cola per le bevande analcoliche gassate o Nutella per le creme di cioccolato da spalmare.

Perché non eleggere – basterebbe farlo inter nos appassionati - il 2019 anno della bollicina e raccontare, a puntate settimanali, come un semplice vino fermo si arricchisce di perlage e diventa il vino della festa, delle Feste, così come Eugène Mercier, fondatore dell’omonima Maison, definiva lo Champagne?

A proposito, cin cin!






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