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  • Immagine del redattorealessandro felis

Cena Super 8

Aggiornamento: 4 mar

Ho conosciuto o, per tutta sincerità, non ho conosciuto, almeno de visu, Gabriele Gorlato a fine febbraio 2020. Dovevamo incontrarci a Villa Porro Pirelli a Varese, Induno Olona per l’esattezza, ma il primo lockdown ce lo ha impedito, la Bestia incombeva e la pandemia ha limitato i nostri contatti a qualche telefonata, una diretta video su w app - o tempora, o mores - e alla lettura delle bozze del suo nascente libro. Dopo poche pagine e molte parole al cellulare, ho accettato con entusiasmo di scrivere la prefazione, le prime frasi della sua “nemesi”. Credo di avere colto in lui, oltre all’amore smisurato per il mestiere del cuoco, uno dei più belli e nel contempo difficili che esistano, un’ambizione non da pochi, quella di costruirsi un percorso di crescita personale attraverso la cucina; sì ma la sua parte più nobile, quella che accarezza l’Arte e che flirta indifferentemente con musica, letteratura, scienza esatta - e meno -, filosofia e racchiude il tutto in questa alchimia che vuole riproporre nel XXI° secolo.


Sono passati quattro anni; evidentemente, il mese di febbraio è un mese rilevante per Gabriele ed eccolo a Torino, nella sua città, a presentare, finalmente, un suo, il suo progetto, il suo micro locale dove potere accogliere, coccolare, stupire, dimostrare, stordire, entusiasmare, rapire, dove nulla è come sembra e tutto è il contrario di tutto. 8 soli posti, 8 fortunati ogni sera: commensali, attori, interpreti e comparse del non regno di un re con lo scettro dell’immaginario tutto nelle sue mani insieme a quello della cucina, cha ancora dovrà affermare e confermare nella capitale sabauda. Si parte sussurrando, l’incipit di un nuovo filone? O piuttosto una nicchia per pochi eletti che rimarrà faro per iniziazioni gastro-psichedeliche. Città della, delle magie, che a quella bianca e nera aggiunge quella culinaria e della sfrontatezza, dell’infrangere le regole perché tutto può accadere nel mondo incantato di Chef Gorlato.


Il Super 8 millimetri, più comunemente detto Super 8, è un formato cinematografico nato nel 1965 dalla Kodak. Ci sono cresciuto insieme, tempi passati, dimenticati, oggi tutto facciamo video col telefonino. Ma tornando con la mente alla cena - e leggendo, capite quanto sia riduttivo il termine - è il titolo che più mi sembrava consono all’avventura vissuta. Otto per i posti disponibili, allo stesso desco e super perché nulla è basico nel microscopico antro, tutto esagerato, tutto esponenziale. Un tavolo di pregiato marmo australiano, posate dorate di design, musica e immagini che ti avvolgono per tutta la durata dell’esperienza, in questo mondo parallelo in cui si vive il tempo di un percorso gastronomico, poco eno, molto dissacrante negli abbinamenti che ai pochi, importanti vini, alterna e contrappone bevande frutto dell’inventiva e savoir faire del mago, padrone dei luoghi. Essenze di croissant o di funghi che allietano un viaggio nel gusto che non rispetta le regole, che non è vincolato ai rigidi schemi delle portate ma che vive al ritmo delle emozioni dello chef che dirige cucina, effetti sonori e ambientazione visiva.  Facile pensarlo in cucina con una bacchetta al posto di mestoli e coltelli.


I piatti, il susseguirsi di piccoli capolavori che ancora prima dell’esperienza sensoriale nascono dalla fervida immaginazione di colui che gestisce con altrettanta facilità tecnica, cotture, storia e simbolismi per realizzare opere che non possono non farmi tornare alla mente le grandi architetture wagneriane e il concetto di arte totale con la fusione di musica, canto, poesia, recitazione e psicologia.


Attenzione, però! Come non si può spiegare la trama di un film a coloro che lo devono ancora vedere né tantomeno svelare il nome dell’assassino di un thriller, mio malgrado, non voglio rivelare quanto ho assaggiato perché bisogna ipotizzare, sognare, per poi vivere intensamente, a 360 gradi, una serata in cui la sorpresa è un ingrediente primario e dove nulla è scontato. Gabriele è il regista ma anche l’attore principale, il Bianconiglio di Lewis Carroll che invita alla scoperta del suo universo, di sé stesso. E Sabrina, alter ego in sala del padrone di casa, come Alice nel Paese delle Meraviglie, superata l’incredulità della magia del luogo, accompagna e diventa la guida ideale che unisce ricette, aspirazioni e abbinamenti con gli occhi che si illuminano e scrutano le minime reazioni dei commensali che al termine dello spettacolo – alla fine l’ho scritto – saranno amici che avranno condiviso la cena meno torinese che ci sia a Torino, ma sicuramente la più intrigrante.


Forse non è il caso di scriverlo, è scontato, ma la prenotazione è obbligatoria.


Imaginarium

Torino

Tel: +39 388 38 12 722




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